Bitcoin nella nuova guerra commerciale tra USA e Cina: un asset digitale che potrebbe cambiare gli equilibri globali. Tra tariffe punitive, riserve strategiche e de-dollarizzazione, le criptovalute si inseriscono in un confronto economico che va ben oltre l’import-export.
Negli ultimi mesi, la tensione commerciale tra Stati Uniti e Cina è tornata a salire, alimentando instabilità nei mercati globali. A inasprire il confronto è stato l’annuncio di nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti fino al 145% su una serie di prodotti cinesi, tra cui acciaio, batterie, veicoli elettrici e semiconduttori. La risposta di Pechino non si è fatta attendere: tariffe del 125% su beni statunitensi e segnali di un’ulteriore escalation. In questo clima di incertezza, si affaccia una variabile strategica che fino a poco tempo fa era considerata marginale: Bitcoin.
Le criptovalute, e in particolare Bitcoin, stanno assumendo un ruolo sempre più centrale nelle strategie economiche nazionali. La loro natura decentralizzata, la resistenza alla censura e la funzione di riserva potenziale le rendono strumenti appetibili in contesti di tensione geopolitica. Secondo Zoltan Pozsar, ex stratega di Credit Suisse e oggi fondatore di Ex Uno Plures, la Cina potrebbe trovarsi in una condizione analoga a quella degli Stati Uniti durante la Grande Depressione: elevato debito pubblico e dipendenza dall’export. Con i dazi americani che comprimono le entrate commerciali, Pechino potrebbe cercare alternative al dollaro statunitense per preservare la propria stabilità finanziaria.
L’ipotesi che Bitcoin possa diventare parte delle riserve strategiche nazionali non è più soltanto teoria. Gli Stati Uniti, come riportato da Pantera Capital, hanno già costituito una sorta di “riserva digitale” con i Bitcoin sequestrati in diverse operazioni legate a crimini finanziari. Sebbene non ancora ufficialmente contabilizzati come riserve, questi asset sono ora oggetto di discussione tra policy maker e autorità di vigilanza.
Dan Morehead, CEO di Pantera Capital, ritiene che questo passo possa aprire una vera e propria “corsa agli asset digitali” tra le grandi economie globali. Secondo lui, nazioni come Cina, Russia e Iran potrebbero accelerare le proprie strategie di accumulo per ridurre la dipendenza dal dollaro e contrastare l’egemonia finanziaria statunitense. Alcuni report indipendenti indicano che Bitcoin sia già stato utilizzato in transazioni energetiche tra Cina e Russia, sebbene in volumi ancora marginali rispetto al mercato globale.
Il tema della de-dollarizzazione è al centro della strategia economica cinese da tempo, ma la novità è l’inclusione di Bitcoin tra gli strumenti utilizzabili. In uno scenario in cui l’accesso al dollaro è sempre più politicizzato e soggetto a sanzioni, le criptovalute offrono un canale alternativo per scambi transfrontalieri. Tuttavia, non mancano le sfide. La volatilità del prezzo di Bitcoin, l’assenza di una regolamentazione condivisa e il rischio sistemico sono ancora ostacoli rilevanti per un’adozione strutturata a livello statale.
Secondo CoinDesk, la crescente attenzione istituzionale potrebbe accelerare la creazione di standard globali per la custodia e gestione delle riserve digitali, riducendo i rischi legati alla sicurezza e alla trasparenza. Intanto, il mercato osserva con attenzione ogni segnale proveniente da Washington e Pechino. Bitcoin, da semplice asset speculativo, potrebbe trasformarsi in leva strategica in una guerra che non si combatte solo con tariffe e tassi d’interesse, ma anche con blocchi, blockchain e riserve digitali.
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