JPMorgan avverte: la probabilità di una recessione globale nel 2025 sale al 60%. A spingere l’allarme, le nuove tariffe commerciali imposte dagli Stati Uniti e il rischio crescente di una guerra commerciale. I mercati reagiscono con forti ribassi e l’incertezza domina.
Quando le tensioni geopolitiche si intrecciano con decisioni economiche aggressive, l’effetto sui mercati globali non si fa attendere. E il recente annuncio del presidente Donald Trump, che ha introdotto nuove tariffe doganali su larga scala, ha sollevato un’ondata di preoccupazioni. Non solo tra investitori e imprese, ma anche tra i principali istituti finanziari globali.
A confermarlo è JPMorgan, che ha rivisto al rialzo la sua stima sulla possibilità di una recessione globale, portandola dal 40% al 60%. Una soglia che, per una banca d’investimento di tale peso, rappresenta un chiaro segnale di allerta.
Secondo quanto riportato da Reuters, il piano tariffario include un’imposta del 10% su tutte le importazioni e dazi specifici fino al 34% per i prodotti cinesi, oltre a un 20% sulle merci provenienti dall’Unione Europea. È il più ampio incremento fiscale dal 1968, come ha dichiarato Bruce Kasman, capo economista di JPMorgan. Le conseguenze non si sono fatte attendere: il Dow Jones ha perso oltre 2.000 punti in pochi giorni, il Nasdaq è entrato in territorio negativo con un calo di oltre il 5%, e i principali listini europei, come il FTSE 100, hanno registrato flessioni vicine al 5%.
Anche le criptovalute hanno subito l’impatto: il Bitcoin è sceso sotto gli 83.000 $, mentre Ethereum, Solana e Dogecoin hanno perso terreno. L’incertezza generata dalle nuove tariffe e dalle potenziali ritorsioni della Cina ha creato una tempesta perfetta tra investitori, alimentando il timore di un effetto domino sull’economia mondiale.
Per JPMorgan, le nuove misure protezionistiche rischiano di compromettere la fiducia di imprese e consumatori. Kasman ha sottolineato che l’aumento delle tariffe non solo inciderà sul commercio, ma avrà effetti negativi su investimenti, consumi e crescita. Anche Goldman Sachs ha aggiornato le sue previsioni, alzando al 35% la probabilità di una recessione negli Stati Uniti, rispetto al precedente 20%, come riportato sempre da Reuters.
Secondo The Guardian, le implicazioni si estendono ben oltre gli Stati Uniti: l’interruzione delle catene di approvvigionamento e l’instabilità politica potrebbero bloccare l’espansione di interi settori produttivi in Europa e in Asia. Alcuni analisti temono inoltre che una risposta aggressiva da parte della Federal Reserve, attraverso ulteriori rialzi dei tassi, possa aggravare la situazione invece di contenerla.
Nel frattempo, aumenta l’interesse per gli asset rifugio: l’oro guadagna posizioni, e alcune stablecoin tornano in auge tra gli investitori più prudenti. Il messaggio, secondo molti analisti, è chiaro: in un clima di volatilità e pressioni inflazionistiche, serve cautela e attenzione ai segnali macroeconomici. Il futuro resta incerto, e per ora la parola più citata nei report finanziari è una sola: rischio.
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