La Cassazione si pronuncia su un tema che potrebbe cambiare le carte in tavola per tanti locatori. Se un’impresa affitta un immobile per i propri dipendenti, è possibile applicare la cedolare secca? Una sentenza recente ha fatto chiarezza, ribaltando ciò che si pensava finora. Ma cosa significa davvero per chi affitta e per chi prende in affitto?
Luigi e Concetta gestiscono da anni un piccolo patrimonio immobiliare. Tra le varie proprietà, hanno un appartamento sfitto nel centro di Napoli e un’occasione sembra finalmente arrivata: un’azienda vuole affittarlo per ospitare alcuni dipendenti in trasferta.
Fin qui tutto bene, ma c’è un problema. Fino a poco tempo fa si pensava che in casi del genere non fosse possibile applicare la cedolare secca, e questo significava più tasse e meno convenienza per Luigi e Concetta. Ma una sentenza della Cassazione ha ribaltato questa certezza, aprendo nuove opportunità. Vediamo cosa è cambiato e come questa decisione potrebbe influenzare il mercato delle locazioni.
Fino a poco tempo fa, l’idea generale era che la cedolare secca non potesse essere applicata se l’inquilino era un’impresa. Questa convinzione nasceva dall’interpretazione di una norma precisa: l’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 23/2011, secondo cui la cedolare secca non si applica alle locazioni effettuate “nell’esercizio di un’attività di impresa, arti o professioni”.
Tuttavia, la Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 12395/2024, ha chiarito che questa esclusione riguarda solo il locatore, non l’inquilino. Tradotto: se l’immobile viene affittato a un’impresa per finalità abitative, il locatore può comunque optare per la cedolare secca, a patto che lui stesso non stia svolgendo un’attività imprenditoriale con la locazione.
Per Luigi e Concetta, questa sentenza significa poter applicare la cedolare secca al loro contratto, evitando così l’imposta di registro e l’aggiornamento Istat del canone. Un risparmio notevole e una maggiore attrattiva per le aziende che cercano soluzioni abitative per i loro lavoratori.
La decisione della Cassazione ha aperto le porte a nuove opportunità per chi possiede immobili ad uso abitativo.
Prima di questa sentenza, chi affittava a un’impresa per ospitare dipendenti si trovava costretto a pagare imposte più alte. Ora, invece, se il locatore è un privato e non un imprenditore immobiliare, può beneficiare di una tassazione agevolata con un’aliquota del 21% (o 10% nei casi di canone concordato).
Per Luigi e Concetta, questo vuol dire poter proporre il loro appartamento a un prezzo più competitivo senza perdere margine di guadagno. Inoltre, l’assenza di imposta di registro e bolli rappresenta un ulteriore incentivo economico.
Ma i vantaggi non riguardano solo i proprietari. Anche le aziende ne beneficiano, perché possono stipulare contratti più flessibili senza doversi preoccupare di eventuali aumenti del canone durante il periodo di locazione. Questo rende più semplice e conveniente per le imprese trovare alloggi per i propri dipendenti, migliorando così la gestione della mobilità aziendale.
La questione dell’esenzione IMU per i coniugi con residenze separate riemerge spesso, soprattutto quando entrano…
La corsa alla Legge di Bilancio 2026 entra nella fase finale mentre Governo e Parlamento…
Le aste di dicembre 2025 segnano una svolta nella gestione del debito pubblico italiano, con…
Mentre il mercato globale osserva un cambiamento storico nelle strategie finanziarie, il Bitcoin supera nuovi…
La settimana dall’8 al 12 dicembre 2025 si apre con una delle riunioni più attese…
Il Bitcoin, la criptovaluta più discussa al mondo, ha perso oltre il 30% dai massimi,…