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Non basta la sofferenza: anche avere una casa diventa una battaglia per i disabili

Pubblicato da
Gerardo Marciano

È giusto che chi ha più difficoltà nella vita debba anche lottare per un tetto sicuro? Una casa non è solo un luogo dove dormire, ma un diritto che dovrebbe essere garantito, soprattutto a chi ne ha più bisogno.

Ma è davvero così? Anna e Vittorio lo hanno scoperto sulla loro pelle e la loro storia fa riflettere su quanto sia complesso ottenere un alloggio dignitoso per chi vive con una disabilità.

Non basta la sofferenza: anche avere una casa diventa una battaglia per i disabili-crypto.it

Anna e Vittorio sono una giovane coppia che, come tante altre, sogna una vita serena. Lui lavora part-time, lei combatte ogni giorno con una disabilità motoria che la costringe su una sedia a rotelle. Trovare una casa adatta alle sue esigenze si rivela un’impresa. Gli appartamenti accessibili sono pochi e, spesso, troppo costosi. La loro unica speranza sembra essere la casa popolare, ma la realtà è ben diversa da quello che immaginavano. La domanda che si fanno è: esiste davvero un diritto alla casa per chi ha una disabilità o è solo un’illusione?

Il “diritto alla casa” esiste davvero per chi ha una disabilità?

Si parla spesso di diritto alla casa, ma cosa significa davvero? In Italia, questo diritto non è esplicitamente riconosciuto dalla Costituzione, anche se viene indirettamente tutelato attraverso una serie di principi e leggi. Per chi ha una disabilità, ottenere un alloggio adatto non è semplice: non esiste una norma che garantisca automaticamente l’assegnazione di una casa popolare. Tuttavia, il sistema di graduatorie offre una possibilità in più.

Il “diritto alla casa” esiste davvero per chi ha una disabilità?-crypto.it

Anna e Vittorio lo hanno scoperto quando hanno provato a fare domanda per un alloggio pubblico. L’invalidità civile di Anna le garantiva un punteggio maggiore nella graduatoria, ma non bastava. Servivano altri requisiti: una percentuale di invalidità di almeno il 65%, l’assistenza da parte di un centro sociale comunale e, possibilmente, la presenza di minori con gravi problemi di deambulazione. Ogni Comune ha criteri diversi, rendendo il percorso ancora più complesso. Nel frattempo, la coppia era costretta a vivere in un appartamento inadatto, con scale strette e senza ascensore, in attesa di una risposta che tardava ad arrivare.

Affitto e case popolari: un percorso ad ostacoli

Chi pensa che le case popolari siano la soluzione immediata per chi ha una disabilità, spesso si scontra con una dura realtà. Anche se si ottiene l’assegnazione di un alloggio, non significa che sia gratuito. Bisogna comunque pagare un canone d’affitto, che varia in base al reddito. Anna e Vittorio si sono trovati davanti a un altro ostacolo: anche se riuscissero a ottenere la casa popolare, sarebbero stati in grado di pagarla con uno stipendio ridotto?

Anche l’affitto privato non è una soluzione semplice. Non esistono agevolazioni specifiche per i contratti stipulati da persone con invalidità civile. L’unico aiuto concreto è rappresentato da una detrazione fiscale di 495,80 euro per chi ha un reddito inferiore a 15.493,71 euro e di 274,90 euro per chi rientra nella fascia fino a 30.987,41 euro. Una cifra che, in molti casi, non basta a coprire la differenza tra il costo di un appartamento accessibile e uno qualsiasi.

Anna e Vittorio si sono chiesti più volte se valesse la pena continuare a lottare. Ma quale alternativa avevano? Senza una politica abitativa realmente inclusiva, il rischio è che tante persone con disabilità rimangano senza un alloggio adeguato. Se il diritto alla casa è davvero un principio fondamentale, perché continua a essere così difficile renderlo concreto?

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