I buoni pasto spettano anche durante le ferie? Un nuovo orientamento della Cassazione ribalta le certezze di lavoratori e datori di lavoro. Ecco cosa sta cambiando.
Angela, Sergio e Pino lavorano nella stessa azienda, condividono pause pranzo e discussioni in mensa. Ma quando arriva il momento delle ferie, qualcosa non torna: i ticket restaurant scompaiono.
“Se non lavoro, non ne ho diritto”, pensa Angela. “Forse dipende dal contratto”, ipotizza Sergio. Pino, invece, non si fa domande: sa solo che a luglio, senza quei buoni, la spesa pesa di più. Ma la legge cosa dice davvero? La Cassazione ha appena chiarito il punto, e il verdetto potrebbe cambiare tutto.
Fino a ieri, la regola sembrava chiara: i ticket mensa erano un beneficio concesso solo nei giorni effettivamente lavorati. Un vantaggio legato alla necessità di consumare un pasto fuori casa durante l’orario di lavoro.
Ma la Cassazione, con l’ordinanza del 27 settembre 2024, ha modificato la prospettiva: il buono pasto è parte della retribuzione e, come tale, va garantito anche durante le ferie. La decisione si basa su un principio chiave stabilito dalla Corte di Giustizia Europea: i lavoratori non devono essere penalizzati economicamente quando si prendono giorni di riposo. Una retribuzione inferiore durante le ferie potrebbe infatti disincentivare il loro utilizzo, compromettendo benessere e sicurezza.
Questo cambiamento tocca da vicino migliaia di dipendenti e potrebbe avere un impatto rilevante sui bilanci aziendali. Se il buono pasto è considerato parte integrante dello stipendio, i datori di lavoro dovranno adeguarsi. Angela, Sergio e Pino, dunque, potrebbero presto ricevere quei ticket anche sotto l’ombrellone.
Nonostante la pronuncia della Cassazione, ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere. La normativa italiana sui ticket restaurant (D.M. 122/2017) li definisce come un servizio sostitutivo della mensa aziendale, utilizzabile dai lavoratori subordinati e da alcune categorie di collaboratori. Finora, molte aziende hanno interpretato questa definizione in senso restrittivo, limitando la concessione dei buoni ai soli giorni lavorativi.
Eppure, la Cassazione sembra aver spostato l’ago della bilancia. Se i buoni pasto fanno parte della retribuzione, non possono essere eliminati arbitrariamente. Tuttavia, esistono ancora situazioni in cui il datore di lavoro potrebbe escluderli, come nel caso di congedi parentali, permessi non retribuiti o assenze prolungate per malattia. Rimane da capire se questa nuova interpretazione diventerà un obbligo generalizzato o se si applicherà solo a determinate categorie di lavoratori.
Per Angela, Sergio e Pino, la risposta arriverà probabilmente con le prossime contrattazioni collettive o con ulteriori chiarimenti normativi. Nel frattempo, una domanda resta aperta: quante aziende saranno pronte ad accettare questo cambiamento senza sollevare obiezioni?
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